‘GALANTUOMINI’ – conferenza stampa

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conferenza stampa del film ‘GALANTUOMINI‘ (I, 2008)

FilmUP, ottobre 2008
http://filmup.leonardo.it/speciale/igalantuomini/int01.htm

Il regista Edoardo Winspeare, lo sceneggiatore Alessandro Valenti e, per il cast, Fabrizio Gifuni, Donatella Finocchiaro, Giuseppe Fiorello, Gioia Spazian, hanno presentato il film ‘i Galantuomini’ in conferenza stampa al 3° Festival Internazionale del Film di Roma.

– Come film, si può definire un melò?
EW: «Sì, principalmente è una storia d’amore impossibile con uno scheletro “noir”».

– É finita la collaborazione con la sceneggiatrice Giorgia Cecere?
EW: «Ci siamo separati con grande dolore. No, a parte gli scherzi, voglio fare un film con lei come regista e io e Donatella Botti alla produzione».

– Il personaggio di Lucia è costruito intorno alle donne che ha conosciuto nella sua attività all’interno del carcere?
EW: «Tenendo un corso di cinema in un minorile, sono entrato in contatto con il femminile, e lì ho conosciuto donne di “vangeli”, ossia di “picciotti”. Sono rimasto affascinato da una di loro, in particolare, che lavorava anche nel volontariato, tanto che su di lei ho iniziato a fare un documentario. Poi, è stata arrestata per associazione a delinquere di stampo mafioso».

– Vi siete preparati ai personaggi frequentando per un mese veri magistrati…
FG: «Sia io che Gioia Spaziani abbiamo parlato molto con Cataldo Motta e Leonardo Leone De Castris, perché sono salentini, e ci hanno aiutato a ricostruire antropologicamente un mondo. Abbiamo chiesto loro consigli, quali ventagli di possibilità si aprono in questi casi, cosa avrebbero fatto in una situazione del genere, e ci hanno dato rassicurazioni riguardo alla credibilità della storia. Vicende come questa, cioè di un magistrato che si innamora, accadono».

– Lei da cosa ha preso spunto per il suo ruolo?
DF: «Principalmente osservando donne salentine, a prescindere dall’estrazione sociale. Hanno uno sguardo fiero, che va oltre le cose, sono determinate. La mia Lucia è una donna dura, a tratti spietata. E vivere in un ambiente malavitoso non poteva che accentuarne gli spigoli».

– Stavolta, un cast di attori…
EW: «Ho sempre lavorato con non professionisti, per motivi di “budget”, e perché uscendo di casa me li ritrovavo lì. Stavolta, con la possibilità di scegliere, per il ruolo da protagonista ho posto una clausola: o Donatella o niente».

– Perché, nel nostro cinema, le storie per attrici sono poche?
EW: «Perché siamo un paese di maschi, maschilisti. Nel film c’è una donna intelligente in mezzo a tanti cialtroni e stupidi, a parte la figura di Za’. Ma, senza esprimere un giudizio morale, ci siamo impegnati ad umanizzarli, perché possono essere anche simpatici».
DF: «Lucia vive in un mondo le cui leggi sono dettate dagli uomini, come nella nostra società. Si conquista una fetta di potere e arriva a comandare, è braccio destro del capo e punto di riferimento per i suoi uomini. Questo mi affascinava, e mi sono levata qualche soddisfazione».

– Nel filmare il suo Salento, non ha avuto paura di cadere nei “clichè”?
EW: «Ho utilizzato la bellezza della mia terra per raccontare l’isola felice dell’infanzia che non c’è più, adesso è rovinata dall’abusivismo, lungo la statale 275 c’è una piccola Brianza che neanche produce ricchezza, abbiamo le più belle città e le più brutte periferie. Nel film, prevale l’amore per il Salento, è difficile non coglierne la bellezza. Volevo un affresco su una terra che ha perso l’innocenza, per cui ho lavorato anche molto sui personaggi minori, ne sono innamorato».

– Com’è stato interpretare un personaggio negativo?
GF: «É la prima volta che faccio me stesso, per esorcizzare la mia parte nera. Infantino è un perdente, forse costretto a vivere quella realtà. Negli anni ’90 esistevano quei vestiti, bar, sale da biliardo. Oggi, i malavitosi non si vedono più in piazza, e comunicano con gli SMS. Io vengo da un paese, è un mondo che conosco, quindi sono stato ispirato dalla mia esperienza, di quei ragazzi ne ho frequentati. Mi sono divertito moltissimo, è stato eccitante. Aspetto il giudizio di mia madre, stasera».

– Come descrive il suo personaggio?
GS: «Laura ha raggiunto un equilibrio. É appassionata del proprio lavoro, lotta per salvare la sua terra. Ma non è rigida. Ho lavorato per darle una normalità: la sera esce, vede gli amici, beve “mojitos”. É testimone di quanto avviene al suo collega con molta attenzione, capisce che lui sta crollando. Si trova a guidare l’indagine con una forza tutta femminile data dall’intuito e dall’amore. Lei si trova al centro, appartiene al cuore, conosce il dolore e la malavita ma può fare escursioni nella testa e negli istinti. Deve riconoscere i suoi nemici, per guardarli con autorità. La vediamo solo in ambito lavorativo, ma nella sceneggiatura abbiamo inserito battute ed elementi di leggerezza».

– E Ignazio?
FG: «Probabilmente, a Milano ha partecipato alle prime inchieste su Tangentopoli. Si è costruito una vita razionale, nel solco della tradizione familiare. Poi, avviene il suo risveglio, si riappropria della propria identità, apre alla pancia e alle emozioni. Riguardo al finale abbiamo molto discusso, è stato riscritto e girato più volte. La versione definitiva lascia spazio all’immaginazione. Questo film mi ha fatto innamorare, non ci sono teoremi, ma una continua messa in discussione, e non c’è una soluzione».

– Come nel film di Daniele Vicari, si parla di Puglia negli anni ’80-’90. É quello il periodo della perdita dell’innocenza?
EW: «Si tratta di un momento storico interessante, allora la Puglia è apparsa sullo scenario, prima non esisteva nell’immaginario collettivo. In questo siamo colpevoli, non abbiamo avuto grandi personaggi. In quegli anni, sono arrivati gli albanesi, è caduto il muro di Berlino, i malavitosi hanno colonizzato le coste e il Montenegro».

– Tornando ai giudizi morali, forse non è tempo di darne?
EW: «Sono molto interessato alla divisione, alla differenza tra bene e male. Nel nostro Paese sono mischiati, siamo tutti un po’ collusi, clientelari, il vero cancro dell’Italia è la Mafia. Dal film, si capisce che siamo dalla parte del bene, ma ci interessava anche la fascinazione che esercita il male, e come ci si finisce dentro. Per me, già fare un film bene è un’azione morale, il giudizio etico deve essere basato sulla bellezza dell’opera».
DF: «nel film un giudizio c’è, Edoardo ha descritto i personaggi proprio come sono».

– La Sacra Corona Unita oggi è sparita?
AV: «É l’unica organizzazione mafiosa ad essere stata debellata, in quanto nata per difendersi dalla ‘ndrangheta nel traffico delle sigarette di contrabbando. E quindi, priva di una tradizione, ha dovuto formarsi in fretta, pescando tra i bulli più violenti, che però, appena venivano arrestati, parlavano. Quindi mancava di un vero senso di appartenenza. Chi mirava a farne uno stato nello stato veniva preso per un pazzo paranoico, i gregari non volevano una organizzazione strutturata, ma comprarsi la radio o l’automobile».

Federico Raponi

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