Stefano Savona – I RAGAZZI DI PIAZZA TAHRIR

archivio pubblicazioni

intervista a Stefano Savona, regista del doc I RAGAZZI DI PIAZZA TAHRIR (I, 2011)

Terra, sabato 30 luglio 2011, pg.12

Una palestra di democrazia.

E’ l’Egitto de ‘i ragazzi di Tahrir Square’ (documentario visto da 400mila spettatori su RAI3, in una versione da 50 minuti che ora verrà allungata), protagonisti di «una rivoluzione – racconta il regista, Stefano Savona – dei modi di vita e del relazionarsi al potere, che non si sa dove andrà a finire: un momento di quelli che, nel corso di un’esistenza, se ne vivono pochi».

– In che condizioni ha lavorato?

«Da solo, con una macchina fotografica che gira anche video e un piccolo registratore. Aver fatto di necessità virtù è stata anche la forza del film, perché ho dovuto inventarmi soluzioni, con una libertà anche formale».

– Il peso di Internet è stato così rilevante?

«Tutti i ragazzi che ho seguito dicevano di aver saputo ciò che stava succedendo attraverso la Retegrazie alla quale, poi, si sono chiamati tra loro. Una volta in piazza, a turno qualcuno a casa si connetteva, ad esempio per avere la certezza che le voci di dimissioni di Mubarak fossero vere e lanciare poi il passaparola, in un gioco di specchi tra vita e realtà virtuale. Allo stesso tempo, la rivoluzione era anche qualcosa di molto reale, con 800 persone uccise».

– Cosa si è ottenuto?

«Per essere tale, una rivoluzione deve vedere tutta una società che si ribella, ed effettivamente i gruppi di persone erano molto eterogenei, d’accordo soltanto sul fatto che finisse il trentennale regime dittatoriale. Durante quei giorni, era già era iniziato il dibattito sul dopo. è tutto aperto, ci saranno le elezioni, ed esiste una grande contrapposizione tra la componente laica e i Fratelli Musulmani, presenti da tanti anni e molto organizzati. Quel che è certo è che chi ha lottato per la caduta di Mubarak non accetterà che il Paese venga trasformato in un luogo dove manchi quella libertà che molti, per la prima volta, hanno provato. Esprimersi, e ascoltare le opinioni altrui, li ha esaltati, il passaggio fondamentale è stato il non aver più paura di dire la propria. Una volta superata tale soglia tutto è possibile, e le persone in qualche modo si sentivano quasi onnipotenti: è questa la lezione massima che il movimento ha dato».

Federico Raponi

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...